giovedì 21 aprile 2011

Insensibili a Dio = insensibili al male


Per entrare – questo pomeriggio – nel santo Triduo di passione, morte e risurrezione del Signore, lasciamoci aprire la porta del mistero dei tre giorni dal Papa Benedetto. Nella sua catechesi di ieri, ultima udienza generale prima di Pasqua, ha guidato un intenso approfondimento della Pasqua di Gesù, suscitando un grande interesse negli internet-media cattolici: si è soffermato con particolare attenzione sulla notte del giovedì santo... nell'orto degli Ulivi. Qui, come ricordate, Gesù prega con intensità... ma in grande solitudine. Neppure i discepoli a lui più vicini riescono a «vegliare e pregare». Il sonno vince.
Per il Santo Padre:
«La questione è in che cosa consiste questa sonnolenza, in che cosa consisterebbe la vigilanza alla quale il Signore ci invita. Direi che la sonnolenza dei discepoli lungo la storia è una certa insensibilità dell’anima per il potere del male, un’insensibilità per tutto il male del mondo. Noi non vogliamo lasciarci turbare troppo da queste cose, vogliamo dimenticarle: pensiamo che forse non sarà così grave, e dimentichiamo. E non è soltanto insensibilità per il male, mentre dovremmo vegliare per fare il bene, per lottare per la forza del bene. È insensibilità per Dio: questa è la nostra vera sonnolenza; questa insensibilità per la presenza di Dio che ci rende insensibili anche per il male. Non sentiamo Dio — ci disturberebbe — e così non sentiamo, naturalmente, anche la forza del male e rimaniamo sulla strada della nostra comodità. L’adorazione notturna del Giovedì Santo, l’essere vigili col Signore, dovrebbe essere proprio il momento per farci riflettere sulla sonnolenza dei discepoli, dei difensori di Gesù, degli apostoli, di noi, che non vediamo, non vogliamo vedere tutta la forza del male, e che non vogliamo entrare nella sua passione per il bene, per la presenza di Dio nel mondo, per l’amore del prossimo e di Dio».
Credo che in molti possano testimoniare la verità di queste parole. Anzitutto per se stessi. E poi magari per ciò che insegna il contatto con persone, ancora più lontane da Dio. Non più di tre ore fa ho sentito una persona – credente – sostenere, appoggiandosi a nonsomai quale teologo o biblista, che tutto il male che c'è nel mondo non può essere opera del Diavolo... «perché sennò sarebbe troppo potente». Mi è sembrato un arzigogolo mentale piuttosto pericoloso. Accettata una simile premessa, mi pare che le vie di uscita restino due sole: o è in gran parte "colpa" nostra; o è "colpa" di Dio. E, francamente, – pur sapendo di toccare un argomento poco di moda – non mi sembrano molto cattoliche né portatrici di speranza nessuna delle due alternative. Il Catechismo mi sembra ancora la voce più affidabile.
D'accordo con chi dice: «Beh, adesso non volgiamo vedere il Diavolo dappertutto!», mi viene da aggiungere: «Certo! Però dove c'è il male... sì!».
Perché Gesù non è venuto a morire per salvarci dal mal di gola, dalla povertà, o dall'emicrania. Ha lottato con se stesso e con Dio per imparare a morire: tutto questo perché c'era e c'è in ballo il pericolo che la nostra umanità finisca risucchiata dal male. Così ci redime dal male, e ci apre le porte della sua vita divina. Ci sottrae ad un grave pericolo e ci dona più di quello che mai potevamo sognare di avere.

Per approfondire:
- la Catechesi integrale di Benedetto XVI, sul nuovo bel sito de L'Osservatore Romano
- un commento teologico del confratello di Cantuale Antonianum
- un breve approfondimento su www.chiesa sulla Settimana Santa 2011 del Papa

Buon Triduo santo! E buona Pasqua!!

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