venerdì 4 marzo 2011

La coerenza non è un virtù cristiana [1]

Avevo promesso qualche post fa di scrivere questo/i, e forse è giunto il momento. Una sola premessa: con queste considerazioni non intendo fare l'elogio dell'incoerenza, come si capirà.
Insomma... in una predica della scorsa estate mi sono ritrovato a dire più o meno (sicuramente meno!) queste cose:

Secondo me – e sottolineo: secondo me – la coerenza non è una virtù cristiana. Perché? Uno è coerente se vive i valori che ha scelto e che proclama. Benissimo. Cominciamo a verificare la bontà di questa 'virtù' a partire dai frutti.

Una persona che riesce ad essere coerente che con i propri valori, facilmente "si gasa" – come direbbe più di qualche giovane. O monta in superbia – direbbe qualche padre del monachesimo antico – e, così facendo, finisce per fare a sé un danno peggiore che se non avesse disatteso il valore proclamato. E magari, siccome lui riesce ad essere coerente rispetto al tal valore, allora su quel punto finisce con facilità per essere un giudice terribile per gli altri.
Una persona che, invece, non riesce ad essere coerente rispetto a qualcosa in cui crede, si ritrova a provare un acuto senso di colpa. Si sente inadeguato, mancante, menomato. «Ma come? Parlo tanto, e poi... faccio così schifo?». È un'esperienza che fanno un po' tutti gli adolescenti: quella di salire fino al 247° piano degli ideali con grande entusiasmo, per poi rotolare rovinosamente giù nel baratro della più profonda frustrazione e (auto)umiliazione. Questo concetto di 'virtù' sta dietro al noto proverbio disegnato su misura per i preti e oggi allargato a tanti: «Predica bene e razzola male».


Insomma la coerenza è un "valore" rigido. Porta la persona a misurarsi in modo molto statico con i valori in cui crede, come una bilancia al milligrammo. O, peggio, come uno specchio! Lo specchio non mente. Lo specchio è spietato. Rivela ogni minimo difetto. E rivela anche che la coerenza rischia di essere una "virtù" narcisista. Porta la sua "vittima" sempre lì davanti, a cercare una perfezione impossibile.

In questo senso la coerenza non può essere una virtù cristiana:
  • la misura alla quale chiede di arrivare è la perfezione;
  • la misurazione avviene qui e ora in modo rigido;
  • se il responso che dà è positivo, favorisce la superbia;
  • se il responso invece è negativo, lascia cadere nel senso di colpa.

Bene. Direi che la pars destruens è stata abbastanza spietata. Per oggi può bastare.

continua... [2] [3]

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