lunedì 2 maggio 2011

Un punto di vista "alternativo" sul "Beatification Day"

Peschiamo e riproponiamo una simpatica rilettura della Beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, postata sul seguitissimo Il blog degli amici di Papa Ratzinger [4], curato dall'attiva Raffaella. Un certo Zio "Pseudo-Berlicche" scrive al nipotino Malacoda: «Ti avevo avvertito di prepararti bene alla beatificazione di Giovanni Paolo II».

«Mi dispiace, caro Malacoda, ma la tua promozione ad arcidiavolo junior dovrà attendere ancora un po’. 
Ti avevo avvertito di prepararti bene alla beatificazione di Giovanni Paolo II perché a questi eventi di portata storica non dobbiamo mai far mancare il nostro contributo. E’ proprio nel momento in cui la Chiesa si addobba per le feste che dobbiamo riuscire a colpirla, per farle più male. E quale male migliore, per noi, se non l’offuscamento della verità? 
Prima parola d’ordine: superficialità. Che, tradotto, significava imporre sulla persona di Karol Wojtyla e sulla sua beatificazione il sigillo definitivo di un’operazione mediatica e mondana, con la quale la Chiesa “mostrava i muscoli” e si manifestava come un’organizzazione e un centro di potere. 
Bene, bravi, bis.
Le premesse c’erano tutte e figurati se una buona dose di aiuto non ci arrivava proprio da alcuni cattolici, dandoci modo di festeggiare un’altra occasione di divisione che li mettesse in ridicolo. Gli invasati della spettacolarizzazione da una parte e, per reazione uguale e contraria, i duri e puri del rifiuto, dall’altra.
Seconda parola d’ordine a noi cara: idolatria. 
Bene il Papa sciatore, atleta e scalatore, benissimo il Papa stratega e statista geopolitico. Una goduria il Papa attore, uomo di spettacolo, alto, bello e festaiolo. I nuovi paradigmi della santità. La Congregazione competente prendesse appunti. 
Stupenda, poi, l’uscita pomeridiana del giornalista che dava ad intendere come la beatificazione di Giovanni Paolo II rappresentasse quasi un rischio di banalizzarlo, abbassarlo, renderlo uno dei tanti. Averne di gente così.
Ma tu hai dimenticato il nostro sorvegliato speciale: il Benedetto disturbatore. 
Lieve, sottile, apparentemente in ombra, come spesso si fa l’errore di crederlo, l’ho visto smarcarsi dai soliti giochi mondani, fuoriuscire dalle maglie dell’ordinaria irrazionalità, riuscendo a metterci del suo, anche ieri, per guastarci il piatto forte dell’abbuffata mediatica con lieto fine idolatrico. 
L’ho visto imprimere un’altra virata alla barca di Pietro, di quelle da par suo. Già avevo avuto un brutto presentimento quando gli ho sentito definire la cerimonia, il giorno prima, come una “festa della Fede”. Non dei Papaboys, non dei movimenti, nemmeno dello stesso Wojtyla o della Chiesa. Ma della Fede, quella virtù che, non a caso, il Nemico chiede se troverà ancora sulla terra al Suo ritorno.
Con ogni parola della sua omelia ho visto Benedetto ricacciare indietro le tante banalità sciorinate dai media, dietro nostra imbeccata, sul Papa polacco, e far riemergere, con l’autenticità di chi lo ha conosciuto bene, e per tanti, lunghi, faticosi anni gli è stato a fianco come collaboratore, amico e consigliere, non l’icona, ma la persona di Karol Wojtyla; non il contorno, ma l’essenza: uomo di costante preghiera, di intima relazione col Nemico, di affettuosa e filiale devozione a Colei di cui quaggiù non osiamo neppure pronunciare il nome. Un uomo che, da Pontefice, ha portato il Nemico e la Sua parola in ogni aspetto della vita umana: la politica, l’economia, la cultura…; ascoltavo, furioso, e vedevo miseramente evaporare quella cortina di nebbia e di fumo che avevamo creato ad arte e gettato negli occhi e nelle menti della gente. Benedetto XVI ha purtroppo restituito ai fedeli, a tutti i fedeli la sostanza dell’uomo Wojtyla, la verità sulla sua figura e sulle ragioni della sua beatificazione. 
E via via che parlava, questo Papa che possiede il carisma della parola, concentrava l’attenzione di tutti sull’essenziale, non sugli orpelli. Su quella verità che ha la pessima abitudine di rivelare se stessa. 
Tutto questo io ho visto ieri sul sagrato di Piazza San Pietro e posso dirti, fuori dai denti, che finché in quella valle di lacrime avranno Benedetto XVI sarà lotta senza quartiere, per noi.
E pensare che sarebbe bastato che proprio Giovanni Paolo II gli avesse concesso di lasciare il suo incarico! Ma Wojtyla aveva un gran fiuto nella ricerca e nella scelta dei compagni di viaggio. Beato lui, ahimé, nel vero senso della parola».

Qui trovi il post originale.

Un po' di link sul nuovo e amatissimo Beato:
- l'Omaggio a GPII, a cura dei media vaticani "consorziati" ad hoc;
- il sito della causa di beatificazione e canonizzazione;
- piccoli segni di francescano affetto e venerazione: qui, qui, qui, qui, qui e qui...
- il ricco speciale del Corriere della Sera;
- infine la "famigerata" omelia di Papa Benedetto per la beatificazione e un'altra sua bella testimonianza un po' più datata.

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